martedì 18 giugno 2013

Partnership_AK0

Architettura a Kilometro 0 

Svolge attività sperimentale, didattica, ricerca e pratica professionale. Si è formato nel 2009 con l'obiettivo di studiare metodi di progettazione collettiva e sistemi costruttivi con impronta ambientale sostenibile; è un do-tank le cui azioni sono ancorate alla realtà d'intervento ma con imput culturali e tecnologici provenienti da un network a scala mondiale.

I servizi che il gruppo fornisce sono:

_progettazione di sistemi costruttivi con materiali naturali
_sviluppo di soluzioni costruttive finalizzate all’impiego di materiali di riciclo e/o scarti di lavorazione
_coordinamento di processi di progettazione e costruzione partecipativi con il coinvolgimento degli utenti finali e/o della comunità locale
_attività formative per scuole primarie e secondarie
_attività didattico-sperimentali in ambito accademico
_studi e ricerche su prestazioni energetiche dei sistemi costruttivi
_indagini sul potenziale di trasformazione di contesti socio-economici informali


Projects:

2012
PROTOTIPO CASA DEI MESTIERI
Marina di Sibari (CS), ItaliaRealizzazione di un modulo sperimentale in legno e pisé con funzione di prototipo per il progetto Casa dei Mestieri Cerro La Grenadilla, Guatemala.In collaborazione con MezzosangueLab, MasterHousing di Roma Tre e Associazione Sulla Strada Onlus.
2012

INTERNINTERRA
Sirmione (BS), Italia
Finiture e complementi di arredo in terra cruda in una casa storica sul Lago di Garda.
In cooperazione con Arch. Fabio Furiani e Associazione Nazionale Città della Terra Cruda.
2011

NIDO DI BAMBU'
Stiava (LU), Italia
Guscio reticolare in bambù splittato della Versilia (Phyllostachis viridiglaucenses)
Workshop didattico-sperimentale in cooperazione con Associazione Italiana Bambù (AIB) e Il Bambuseto.
2011

AK0XMH (con Sandro Sancineto)
Casalincontrada (CH), Italia
Piccolo modulo abitativo autocostruito in legno, terra cruda e canna di fiume.
Workshop didattico all'interno del Corso Housing - nuovi modi di abitare tra innovazione e trasformazione, Master di II° livello promosso dall’Università di Roma Tre.
2010

S-BAM.IT
Roccamontepiano (CH), Italia
Struttura multifunzionale in bambù italiano, legno e terra cruda. Prototipo costruito nell'ambito di un workshop didattico internazionale.
2009

SHELLter
Roccamontepiano (CH), Italia
Prototipo per un modulo abitativo d'emergenza autocostruito in legno, terra cruda e canna di fiume.
Workshop didattico-sperimentale
Background:
2008

RITI DEL COSTRUIRE (con Caterina Padoa Schioppa)
Roma, Italia
Struttura multireligiosa per l’ateneo di Roma Tre realizzata nell’ambito di un workshop didattico-sperimentale. Sistema alveolare presso-teso in cartone ondulato di riciclo.
2008

PLASTICHE PULITE (con Piergiorgio Rossi e Monica Preziuso)
Velletri (RM), Italia
Copertura per la tribuna temporanea di un campo da calcio spontaneo.
Progetto scolastico di educazione ambientale.

2005

MERCATINO DI CARTA (con Piergiorgio Rossi)
Morano Calabro (CS), Italia
Padiglioni progettati ed autocostruiti da studenti di architettura ed alunni di scuola media.
Progetto scolastico di educazione ambientale.

SUN-RICE (con V. Varano, M. Kavalirek e s.e.l.f. - officina di architettura)
Roma, Italia
Prototipo di copertura tessile in rafia sintetica riciclata.
LIXO VIRA LUXO (con L. Cicalini)
Murici (Alagoas), Brasile
Progetto di educazione ambientale con bambini di una comunità rurale brasiliana.
2004

CENTRO DI FORMAZIONE PER RAGAZZI DI STRADA (con s.e.l.f. - officina di architettura)
Murici (Alagoas), Brasile
2001

CENTRO DI ASSISTENZA ALIMENTARE (con Luigi Rebecchini)
Quartiere di Derrier-Wharf, Abidjan, Côte d’Ivoire
1999

CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE FEMMINILE
Quartiere di Derrier-Wharf, Abidjan, Côte d’Ivoire

 I miei interlocutori:
 


Arch. Stefan Pollak
Arch. Laura Di Virgilio












L'incontro nello studio Officina Architettura dell'arch. Stefan Pollak
 
_Appuntamento: 17.6.2013 ore 10.30
 
Tanta tensione all'ingresso, ma nel momento in cui Laura Di Virgilio mi accoglie alla porta dello studio...l'ansia cresce!
Vedo subito il libro di Urban Voids di A. Saggio sulla sua scrivania...e mi sento accolta... Stavano aspettando me!
  • Presentazione del progetto con gli elaborati grafici con Laura di Virgilio e Stefan Pollak
  • Introduzione delle varie tecniche costruttive con materiali naturali (PISE', ADOBE, pannelli di QUINCHA.) e di esempi di progetto compatibili al mio progetto a cura di Laura di Virgilio.
  • Individuazione di nuovi livelli di intervento soprattutto per incrementare l'appetibilità economica del progetto e l'autosostentamento:
  1. Laboratorio di autocostruzione all'aperto, con masterclass trimestrali con alloggio incluso. Realizzazione di un PROGETTO DI MASSIMA che verrà realizzato dai partecipanti alle classi; alla fine del corso gli edifici verranno smontati e rimontati dal corso seguente, riciclando gli stessi materiali o impiegando quelli provenienti dall'ISOLA ECOLOGICA. Piccola area dedicata alla sperimentazione di nuove tecniche e materiali. 
  2. ISOLA ECOLOGICA per il recupero dei MATERIALI DA COSTRUZIONE.
  3. Fondazione di una piccola ditta autocostruttrice specializzata in ALLESTIMENTO DI SCENOGRAFIE ecoTEATRALI.
  4. Ricerca espressiva attraverso il trattamento dell'INVOLUCRO e di molti ELEMENTI    STRUTTURALI con materiali naturali e tecniche di autocostruzione, per dare unitarietà agli spazi delle piattaforme.
  5. Realizzazione per il LIVING TEMPORANEO di MODULI FISSI in autocostruzione e moduli mobili-componibili realizzati dal laboratorio di autocostruzione in base alle prenotazioni durante gli eventi musicali.
  6. SPAZIO COPERTO dedicato alle lezioni frontali con sale riunioni e uffici amministrativi.
  7. Dedicare il REBUILDING NATURE alla produzione a kilometro e a costo 0 dei materiali da impiegare per il laboratorio.
  8. Realizzazione PROGRESSIVA del teatro al chiuso ATTRAVERSO IL CONTRIBUTO DEI CITTADINI ATTIVI: ARENIAMOCI! ognuno può donare dei sacchetti di terra per costruire le mura in pisè del teatro; sarà inciso il nome dei contribuenti su ogni strato murario dello spessore di 15 cm! Quindi il teatro sarà non il punto di partenza progettuale, ma la META di un percorso condiviso! Questa sarà la DRIVING FORCE: REALIZZARE IL TEATRO! Come la TORRE DI BABELE solo se ci sarà la collaborazione di tutti il progetto potrà essere concluso, o meglio potrà INIZIARE; altrimenti esso cadrà e sarà il segnale della completa chiusura culturale della nostra città!
_Conclusione dell'incontro ore 13.08!!!!!! Direi che abbiamo di netto superato la mezz'ora di collaborazione che avevo richiesto agli architetti!!!!!!!
 
GRAZIE AK0! Se volete aggiungere qualche nota riguardo ilo nostro incontro vi prego di lasciare un commento qui sotto!
     
     
     
 
 
  

lunedì 17 giugno 2013

Partnership_Pino Petruzzelli

Pino Petruzzelli


Scrittore e attore, dopo gli studi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” di Roma, lavora per mettere la cultura al servizio di importanti cause sociali, andando a conoscere in prima persona le realtà che poi racconta. Fonda il Centro Teatro Ipotesi (http://www.teatroipotesi.org/), che si occupa di temi legati al rispetto e alla conoscenza delle culture. La prima meta sono le riserve degli Indiani Pueblo in Nuovo Messico poi, per anni, attraversa le nazioni dell’area mediterranea vivendo come e con le persone che incontra. Conosce i principali artisti e intellettuali, ma anche la gente comune. Vive in case palestinesi e in case israeliane toccando con mano la fatica di vivere quel conflitto, dall’una e dall’altra parte. Dorme sotto lo stesso tetto di chi trascorre la propria vita nel deserto della sopravvivenza dove l’unica acqua disponibile è contaminata da fosfati. Conosce e frequenta l’attore algerino Rachid scampato ad un attentato terroristico in cui fu sterminata tutta la sua compagnia teatrale rea di aver rappresentato un testo scomodo. In Albania incontra chi ha conosciuto le torture e le prigioni del regime comunista di Enver Hoxha. Da questi viaggi nascono spettacoli in cui racconta la profonda umanità di chi è costretto a vivere situazioni difficili. Scrive “Piccolo viaggio lungo il Mediterraneo” e, con il giornalista Massimo Calandri, “Marocco”, “Albania” e “Il G8 di Genova”. Nel 2004 scrive “Grecia”, sulla vita dello studente Kostas Georgakis che si diede fuoco in una piazza di Genova per protestare contro il regime dei colonnelli e “Zingari: l’Olocausto dimenticato” (coprodotto dal Festival di Borgio Verezzi e trasmesso dalla trasmissione Terra! di Canale 5 e da Rai 3). Nel 2005, con Predrag Matvejevic’ e il giornalista di “La Repubblica” Massimo Calandri, scrive “Periplo Mediterraneo”, un testo che racconta la vita di chi, in un Mediterraneo tutt’altro che pacificato, vive sulla propria pelle gli orrori della grande Storia. Nel 2006 con “L’olocausto di Yuri” racconta le responsabilità che ebbero scienza e medicina durante il nazismo (anch’esso trasmesso da Terra!). Nel 2007 percorre l’Italia di chi vive lavorando la terra e, dagli appunti di quel viaggio, nasce lo spettacolo “Di uomini e di vini” (che diventa anche un libro) dedicato alla vita e alla fatica dei vignaioli. Nel 2008 mette in scena “Con il cielo e le selve” tratto dal libro “Uomini, boschi e api” di Mario Rigoni Stern. La cultura rom e sinta è l’ultima tappa di un’erranza iniziata vent’anni prima. A giugno 2008 esce il libro “Non chiamarmi zingaro”, edito da Chiarelettere e con prefazione di Predrag Matvejevic. Nel 2009 crea in collaborazione con Regione Liguria e Comunità di Sant’Egidio il “Primo Corso di Formazione Professionale per Operatori dello Spettacolo”, indirizzato a Rom e Sinti. In occasione della Giornata della Memoria 2009 mette in scena “Ritorno al lager” omaggio a Mario Rigoni Stern. Nel 2010 porta in scena, in prima nazionale, il testo “Storia di Tönle” di Mario Rigoni Stern. Nel 2011 debutta lo spettacolo “Io sono il mio lavoro” prodotto da Mittelfest. Nello stesso anno esce il libro “Gli ultimi” edito da Chiarelettere con prefazione di don Andrea Gallo.
Nel 2012 scrive il monologo teatrale “L’ultima notte di Dietrich Bonhoeffer”.
Dal 2000 è direttore artistico del Festival teatrale “Tigullio a teatro” a Santa Margherita Ligure.
Collabora con il giornale “Il Fatto Quotidiano” e con il portale di approfondimento “Cado in piedi” attraverso suoi blog.
 

L'intervista "telefonica"

(un'estratto che ho visto recitare agli attori del Teatro Valle
Rapita dall'estratto di “Zingari: l’Olocausto dimenticato” al Teatro Valle Occupato il 7 aprile 2013(nonché giorno del mio compleanno!) in occasione della Giornata internazionale dei rom e dei sinti di Roma, faccio delle ricerche sul net e decido di contattare per e-mail l'autore dello spettacolo!La sua disponibilità e la sua amichevole cordialità mi hanno assolutamente sorpreso ed entusiasmato, e la conversazione telefonica Roma-Genova è stata un ottima occasione di confronto e scambio. Cerco di riassumere con domande "strette" il conetnuto di una telefonata tutt'altro che formale e poco colloquiale!
 
Roma come ben sa, è una città xenofoba, chiusa nei confronti dei rom e della loro cultura. Il suo teatro si trova a Genova. Quali differenze riscontra tra queste città a livello di apertura culturale?
 
Genova e Torino sono indubbiamente le città culturalmente più aperte d'Italia, città che mi hanno dato la possibilità di rappresentare le mie opere teatrali con un rilievo considerevole. Portare la cultura roma al Palazzo Ducale di Genova (http://www.palazzoducale.genova.it/naviga.asp?pagina=14414), la sede più importante della città, è indubbiamente un'ottima occasione per esporre e mettere in evidenza questi temi. Molto spesso la forma diventa il principale tramite, biglietto da visita per mettere in evidenza dei contenuti. Se il luogo della rappresentazione è prestigioso, il valore dell'oggetto cambia considerevolmente: se si edita un libro da Einaudi o da una casa sconosciuta cambia la clientela, la distribuzione del contenuto e quindi l'attenzione verso il tema!
 
Secondo Lei, la proposta progettuale di uno spazio teatrale e di spazi performativi all'aperto e permeabili, quali influenze avrebbe nelle suo tipo di rappresentazione teatrale, o in generale per altre performance gitane?
 
Uno spazio del genere potrebbe essere interessante. Per quanto mi riguarda, nel momento in cui metto in scena uno spettacolo mi confronto prima con lo spazio, lo studio, e mi adatto alla sua conformazione.
 
Cosa pensa delle intenzioni progettuali e della modalità con cui sto cercando di affrontare la questione dell'integrazione e soprattutto dello scambio culturale con la/e comunità rom di Roma?
 
Già occuparsi della questione rom è un grande passo in avanti. E il fatto di pensare alla cultura come mezzo attraverso cui innescare un processo di partecipazione è sicuramente una strategia vincente. Se non c'è rispetto per la cultura, non ce ne sarà nemmeno per chi la possiede.
 
GRAZIE PINO!
P.S. Se vuoi aggiungere qualche nota sulla nostra conversazione ti prego di lasciare un commento qui sotto!
 
 
 
 
 
 
 

 


lunedì 22 aprile 2013

BANG_connessioni!


Lucien Kroll_Maison Medicale ("MéMé") Bruxelles_1970/75

BANG: Ensamble

Maison Medicale ("MéMé") Università di Louvain_Woluwè-St.Lambert (Bruxelles)_ 1970/75

Dall’alto, l’ex paesaggio rurale belga si presenta come un tappeto tempestato di un sottile pattern di case di periferia. Le loro infinite e idiosincratiche variazioni sul tema della vita individuale riflettono una varietà senza differenza. L'immagine eterogenea del MéMé secondo il suo architetto Lucien Kroll, è frutto di un assemblaggio per empatia delle sue diverse parti. Un processo aperto diventa la motivazione per la sua forma e la complessità. Questo non può essere ridotto semplicemente alla produzione di un oggetto architettonico o anche ad una estetica, ma è semmai il prototipo di un rovesciamento radicale dell’architettura. Il MéMé sarebbe quindi un manifesto-edificio: riconosciuto come un "icona di architettura democratica", Kroll è consacrato come il campione di architettura partecipativa. Il suo ruolo, tuttavia, non si limita alla seppur rilevante questione della partecipazione. Un oggetto di culto e di attacchi feroci, l'edificio nel campus di Woluwe-Saint-Lambert  è un elemento destabilizzante dell’architettura del 20° secolo. E come un vero e proprio oggetto sconvolgente, rivela sorprendenti analogie con le facilmente riscontrabili nell’arte contemporanea.
 
L'invenzione collettiva
 
La partecipazione è una questione complessa, come Giancarlo De Carlo ci ha ricordato quando ha sottolineato che l'atteggiamento comunicativo dell'architettura è potenzialmente a disposizione di tutti. La comunicazione attraverso l'architettura è un atto eminentemente politico; Kroll sostiene: l'architetto è il catalizzatore di un processo creativo e di dinamica sociale, rispetto al quale mettono loro sapere a disposizione per la traduzione delle relazioni interpersonali in uno spazio adeguato. Il processo partecipativo deve quindi essere messo in moto, o almeno, gli architetti devono uscire da se stessi e mettersi nei panni dei futuri abitanti. L'architettura deve essere salvata dal dominio esclusivo dell'architetto, e reindirizzato verso la partecipazione, con "un'azione aperta a nuove necessità e alle decisioni che sono sempre provvisorie e incomplete". In breve, un’architettura-processo (definito da Kroll come Incrementalismo) non è poi così diversa dall’Arte Processuale. Dal 1966 - '67, quel movimento aveva di fatto respinto tutte serialità per evidenziare il processo di costruzione dell'opera e la sua evoluzione nel tempo, con l'aiuto di assortiti materiali naturali e industriali. Le ramificazioni di Process Art giunsero fino a Joseph Beuys, la cui biografia, insieme al suo impegno ecologico, contiene un evento curiosamente simile a quello di Kroll. Quasi contemporaneamente, infatti, nel 1972, Beuys è stato licenziato dal suo posto di professore presso l'Accademia di Düsseldorf per aver sostenuto l'occupazione della scuola da parte dei suoi studenti, mentre UCL (Université Catholique de Louvain) ha impedito all'architetto belga di completare il suo progetto del campus, a causa di incompatibilità culturale. Tra il 1970 e il '72 la Zona Sociale della UCL era un teatro di sperimentazione, ricerca e opzioni, in seguito esplorato da Kroll mentre si rivolgeva sempre di più verso una visione panoramica dell’abitare. Qui la portata e la complessità del breve gli ha permesso di prevedere un’azione il cui esito si sarebbe spinto al di là dell'oggetto architettonico verso un'entità complessa dinamica. "Come un tessuto vivo spugnoso", si è definito in un continuo scambio con l'ambiente circostante. In questa luce, il layout circolazione assume un ruolo cruciale. Alla scala micro-urbana, una rete di punti di accesso sovverte meticolosamente il piano con la riduzione di una strada a sei corsie ad una strada secondaria di collegamento. Un decennio più tardi, la stessa logica di permeabilità sottende l'estensione della metropolitana di Alma, per l'unica stazione a cielo aperto di Bruxelles, su progetto di Kroll stesso. Ma soprattutto è sulla scala del palazzo che la logica di un flusso continuo si vede, in un risultato a metà tra Escher e Piranesi: nel "MéMé tutto comunica e si apre, ogni elemento vede e in grado di capire e soddisfare gli altri. Le solette sono aperte tra un livello e l'altro, le pareti sono tagliate, i lucernari sono trasparenti dappertutto, e i balconi sono visibili l'uno all'altro. Ci sono numerosi ingressi, così la gente può venire da qualsiasi luogo, dalle cantine agli attici e le scale terrazza, dalle passerelle ". Questo permette di affrontare anche restrizioni ingombranti, come uscite di sicurezza, in modo diverso. C'è chiaramente un omaggio qui al concetto di vita comunitaria e di una società "trasparente" strettamente legata alle idee di quegli anni. Tuttavia, la Maison Médicale comprende anche zone "opache", di alloggio "normale": diverse, ma mitigate nella costruzione di un progetto collettivo - non come il "soggettivismo nuovo" che produce personalizzazioni di massa, iper-richieste dal mercato.
 


 
Le grand jeu - il grande gioco
E’ stata ideata una metodologia molto originale che stimola la conoscenza intuitiva e spontanea, “un gioco con un impatto diretto sulla realtà". Ciò consente una stratificazione storica del lavoro da ricreare in vitro, partendo da un rifiuto di unità canoniche (funzione, lingua, tempo). Ma che linguaggio utilizzare? Se dopo il moderno, la regolarità e la simmetria hanno trasmesso nient’altro che un senso di ordine innaturale, ci si potrebbe anche rivolgersi a pratiche"situazioniste" in architettura: considerare il primo elemento a caso (come da un mazzo di carte da gioco); rilevare la sua configurazione e dove risiedono le sue caratteristiche specifiche, in modo da inserirsi in un contesto generale senza distruggere o ridurlo ad un'astrazione. Un mosaico è così completato, dove la motivazione del segno è aleatorio. Tutto questo, nel caso del MéMé, viene tradotto in un alzato molto discusso, con la sua miscela di finestre e legno, alluminio e pannelli di ferro: un repertorio di elementi costruttivi utilizzando la coordinazione modulare di elementi assortiti. Qui abbiamo un caso estremo di tecnologie esplorate per la loro libertà creativa, come risposta alla gran parte dell'architettura dello stesso periodo, che non è riuscito a ottenere nulla al di là della prefabbricazione spoglia. "Prima di tutto classificare il paesaggio abitato all'interno di conoscenza 'globale' umana, e poi discutere i mezzi di materializzazione: tutti possono contribuire. Le relazioni dovranno essere reinventate con nuove tecniche artistiche", ha sottolineato Lucien Kroll del suo progetto per la Padiglione francese alla Biennale di Venezia 2006. Uno di questi mezzi di materializzazione è certamente quello della natura. I giardini selvatici piantati sulle colline artificiali intorno al MéMé, sotto la guida pionieristica di Luis Le Roy, allude ad un altro processo aperto, autonomo e naturale, poiché la natura contiene ogni possibile struttura. La paura dell’istituzione di perdere il controllo sul processo ha condotto alla sua botanica e ad un’altra "normalizzazione", ma senza cancellare ogni traccia. Grandi alberi oggi appaiono irregolari sulle piste, adattandosi della misura del tempo passato. Non è il tempo che spaventa questo progetto, la cui costruzione porta tutti i segni del suo sviluppo, in una sorta di archeologia preventiva. Ma gli anni sono stati testimoni di una serie di alterazioni incongrue e irrispettose perpetrate dall'università, che non ha mai voluto accettare il valore di questa architettura. Paradossalmente, il MéMé dovrebbe essere un quotato "monumento", non tanto per congelare il processo per evitare la sua rovina. Come una legatura emostatica, porte chiuse, passaggi bloccati e marciapiedi non utilizzati oggi ostacolano il flusso della vita. Invece di imporre restrizioni, la legittimità di travaso da una differenza ad un’altra dovrebbe forse essere riconosciuta: come la continuità nella differenza osservata da Lucien Kroll così come nel paesaggio frammentato del Belgio.